Innovazione partecipativa in azienda: come trasformare la cultura organizzativa mettendo le persone al centro

Nel panorama aziendale contemporaneo, caratterizzato da complessità crescente e cambiamenti rapidi, l’innovazione non è più un’opzione ma una necessità. Tuttavia, il modo in cui le aziende approcciano l’innovazione sta subendo una profonda trasformazione: da un modello verticale e centralizzato, si sta passando a un paradigma collaborativo e partecipativo, che coinvolge attivamente le persone a tutti i livelli dell’organizzazione.
L’innovazione partecipativa rappresenta questo nuovo paradigma e sta ridefinendo non solo il modo in cui le aziende innovano, ma anche come si strutturano, come gestiscono il talento e come affrontano il futuro.
Cos’è l’innovazione partecipativa in azienda
Tradizionalmente, l’innovazione era spesso confinata a reparti R&D o affidata a consulenti esterni. La complessità dei problemi attuali però, richiede una molteplicità di prospettive e competenze che difficilmente possono risiedere in un singolo dipartimento o in un gruppo ristretto di esperti.
Per questo l’innovazione partecipativa distribuisce il processo creativo attraverso l’intera organizzazione, coinvolgendo attivamente persone di diverse funzioni, livelli gerarchici e background.
Due principi fondamentali la caratterizzano:
- L’intelligenza collettiva: ovvero la convinzione che la somma delle intelligenze di un gruppo eterogeneo, se adeguatamente orchestrata, superi la capacità di problem-solving dei singoli, anche i più brillanti. Non si tratta semplicemente di raccogliere le idee, ma di una vera sinergia cognitiva, dove le diverse prospettive si arricchiscono a vicenda. Come evidenzia James Surowiecki in “The Wisdom of Crowds” (2004), gruppi diversificati prendono decisioni migliori e risolvono problemi più efficacemente rispetto a individui isolati o gruppi omogenei, a patto che siano rispettate alcune condizioni: diversità di opinioni, indipendenza di giudizio, decentralizzazione e meccanismi efficaci di aggregazione delle idee.
- L’Empowerment: nell’innovazione partecipativa, l’empowerment significa fornire alle persone non solo l’opportunità di esprimere idee, ma anche gli strumenti, le competenze e l’autorità per svilupparle e implementarle. È un processo trasformativo che modifica la percezione che i collaboratori hanno del proprio ruolo, passando da esecutori a co-creatori del futuro organizzativo. Ricerche condotte nell’Università del Michigan hanno dimostrato che l’empowerment psicologico è fortemente correlato con la soddisfazione lavorativa, l’impegno organizzativo e la performance innovativa.
L’innovazione partecipativa prospera in contesti caratterizzati da quella che la professoressa Amy Edmondson di Harvard definisce “sicurezza psicologica” – un ambiente in cui le persone si sentono libere di esprimere idee, fare domande, ammettere errori e proporre soluzioni non convenzionali senza timore di ripercussioni negative. Questa dimensione culturale è cruciale e rappresenta spesso la barriera più significativa nell’implementazione di modelli partecipativi in azienda.
L’innovazione partecipativa non è solo un metodo più efficace per innovare, ma anche una risposta alle nuove dinamiche del contratto psicologico tra individui e organizzazioni. Nel contesto attuale, risponde a un cambiamento profondo nelle aspettative delle persone verso il lavoro, particolarmente evidente nelle nuove generazioni: il desiderio di contribuire attivamente, di trovare significato nell’attività professionale e di vedere un impatto tangibile del proprio contributo.
Metodologie e tecniche per l’innovazione partecipativa: Design Thinking, co-creazione e Creative Problem Solving
Per implementare efficacemente l’innovazione partecipativa, le aziende possono attingere a diverse metodologie e tecniche, ciascuna con caratteristiche distintive ma accomunate dall’enfasi sulla collaborazione e sul coinvolgimento attivo delle persone. Di seguito vi riportiamo le principali: Co-creazione e Co-Design, Creative Problem Solving e Design Thinking.
Co-creation e Co-design: fondamenti dell’innovazione collaborativa
La co-creazione e il co-design rappresentano l’essenza dell’approccio partecipativo all’innovazione, ponendo le basi concettuali per metodologie più specifiche. Questi approcci si fondano sul principio che chi utilizzerà il prodotto o servizio finale dovrebbe essere attivamente coinvolto nel suo sviluppo. A differenza delle tradizionali ricerche di mercato, dove gli utenti sono oggetto di studio, nella co-creazione diventano partner attivi del processo innovativo, colmando il divario fra soluzioni proposte e bisogni reali.
Come sottolinea Elizabeth Sanders, pioniera nel campo: “Il co-design è un atto collettivo di creatività che permette a diverse esperienze di convergere verso soluzioni innovative che nessuno avrebbe potuto immaginare da solo.”
Le pratiche di co-creation si realizzano attraverso:
- Workshop collaborativi multi-stakeholder
- Laboratori di innovazione aperti (living labs)
- Piattaforme digitali per la raccolta e lo sviluppo collettivo di idee
- Sessioni di prototipazione collaborativa
Sessione di co-design per sviluppare soluzioni partecipate nei team aziendali.
Creative Problem Solving: liberare il potenziale creativo collettivo
Come approfondito in un precedente articolo dedicato a Creatività e Problem Solving in azienda: come potenziare l’innovazione e l’efficienza del team Creative Problem Solving in azienda), il Creative Problem Solving (CPS) offre una metodologia strutturata per affrontare sfide complesse facendo leva sulla creatività collettiva. Il CPS è particolarmente efficace nell’innovazione partecipativa perché fornisce un framework che permette anche a persone non spontaneamente creative di contribuire significativamente al processo innovativo.
Il CPS si distingue per l’alternanza sistematica tra pensiero divergente (generazione ampia di possibilità) e convergente (focalizzazione e selezione), creando uno spazio strutturato dove l’esplorazione creativa può fiorire senza disperdersi.
Il processo tipicamente si articola in quattro fasi:
- Chiarificazione: esplorare la sfida e definire il problema reale
- Ideazione: generare una vasta gamma di possibili soluzioni
- Sviluppo: selezionare e rafforzare le idee più promettenti
- Implementazione: trasformare le idee in piani d’azione concreti
Un elemento distintivo del CPS nell’innovazione partecipativa è l’utilizzo di tecniche specifiche per superare i blocchi cognitivi e gli schemi mentali limitanti. Metodi come il pensiero analogico, le connessioni forzate o l’inversione del problema permettono ai gruppi di esplorare territori inediti, accedendo a quella che Edward de Bono chiamava “il pensiero laterale”.
Un team aziendale organizza visivamente idee durante un workshop Playnbe di innovazione partecipativa.
Design Thinking: empatia e prototipazione rapida
Il Design Thinking rappresenta un approccio all’innovazione partecipativa che pone particolare enfasi sull’empatia con gli utenti finali e sulla rapida materializzazione delle idee attraverso prototipi (leggi anche l’articolo dedicato Design Thinking: Guida Completa all’Innovazione Human-Centered per le Aziende Guida completa Design Thinking per aziende). Reso popolare da IDEO e dalla d.school di Stanford, questo metodo porta la sensibilità e i metodi del designer nel dominio più ampio dell’innovazione aziendale.
Ciò che distingue il Design Thinking dalle altre metodologie è il suo punto di partenza: una profonda comprensione empatica delle esperienze, motivazioni e bisogni anche inespressi degli utenti. Il Design Thinking è quindi particolarmente potente quando la sfida riguarda l’esperienza umana e richiede una comprensione profonda dei bisogni e dei comportamenti.
La prototipazione rapida e a bassa fedeltà è un altro elemento distintivo, permettendo di testare ipotesi rapidamente e con un investimento minimo.
Il processo si articola tipicamente in cinque fasi:
- Empatizzare: immergersi nel mondo degli utenti
- Definire: identificare insights significativi e formulare il problema
- Ideare: generare una vasta gamma di soluzioni possibili
- Prototipare: trasformare rapidamente le idee scelte in artefatti tangibili
- Testare: raccogliere feedback reali e iterare
Un celebre esempio dell’efficacia del Design Thinking è il progetto di GE Healthcare per ridisegnare la risonanza magnetica pediatrica. Coinvolgendo attivamente bambini, genitori e personale medico nel processo d’innovazione, il team ha capito che il problema non era tecnico, ma emotivo: si trattava di trasformare un’esperienza medica terrificante in un’avventura coinvolgente per i bambini. Le sale della risonanza sono state allora ripensate e abbigliate per farle assomigliare a navi pirata, sottomarini, astronavi spaziali o altre ambientazioni avventurose, riducendo l’ansia dei piccoli pazienti e la necessità di sedazione dell’80%.
Questo progetto, diventato un caso di studio classico del Design Thinking, dimostra come ripensare completamente un’esperienza dalla prospettiva dell’utente possa risolvere anche in modo semplice, problemi che sembravano puramente tecnici.
La facilitazione come elemento chiave
Un elemento cruciale spesso sottovalutato nell’innovazione partecipativa è la facilitazione dei processi collaborativi. Con l’aumentare della complessità delle sfide e della diversità dei gruppi coinvolti, il ruolo del facilitatore diventa sempre più determinante per il successo delle iniziative di innovazione.
Il facilitatore non è semplicemente un moderatore di conversazioni, ma un vero e proprio ingegnere delle relazioni e dell’intelligenza collettiva, capace di creare le condizioni affinché le diverse prospettive possano interagire in modo produttivo e generativo.
Come sottolinea Sam Kaner nel suo testo di riferimento “Facilitator’s Guide to Participatory Decision-Making”, il facilitatore aiuta i gruppi a navigare quella che lui chiama “la valle della disperazione” – quel momento cruciale in cui emergono complessità, divergenze e potenziali conflitti, ma da cui possono scaturire le intuizioni più innovative.
Il facilitatore e la facilitatrice efficace è in grado di:
- Creare e mantenere uno spazio di sicurezza psicologica
- Gestire dinamiche individuali e di gruppo, assicurando che tutte le voci siano ascoltate
- Padroneggiare un repertorio di tecniche e strumenti adatti a diversi contesti e obiettivi
- Guidare il gruppo attraverso momenti di divergenza e convergenza
- Aiutare il gruppo a navigare attraverso conflitti costruttivi ed evitare il “groupthink”
- Supportare la trasformazione di idee in azioni concrete
Il valore del facilitatore aziendale nell’innovazione partecipativa
Molte organizzazioni scoprono il valore di affidarsi a facilitatori professionisti esterni, almeno nelle fasi iniziali dell’implementazione dell’innovazione partecipativa. Un facilitatore esterno porta diversi vantaggi:
- La neutralità rispetto alle dinamiche interne e alle gerarchie esistenti
- L’esperienza specifica nelle metodologie di innovazione collaborativa
- La capacità di introdurre prospettive nuove, non vincolate dalla cultura organizzativa
- La competenza nell’identificare e affrontare blocchi e resistenze
La ricerca condotta dall’International Association of Facilitators dimostra che la presenza di facilitatori esperti migliora significativamente la qualità delle decisioni prese dai gruppi e riduce il tempo necessario per raggiungere soluzioni condivise, specialmente in contesti di alta complessità o con stakeholder diversificati.
Sviluppare capacità interne di facilitazione
Se il supporto esterno è prezioso, soprattutto nelle fasi iniziali, lo sviluppo di competenze interne di facilitazione rappresenta un investimento strategico per la sostenibilità dell’innovazione partecipativa. Formare manager e leader alle tecniche di facilitazione permette di:
- Diffondere la cultura e le pratiche dell’innovazione partecipativa
- Integrare approcci collaborativi nel lavoro quotidiano, migliorandone l’efficacia
- Sviluppare una rete interna di “ambasciatori” dell’innovazione
- Garantire la continuità dei processi partecipativi
Le competenze di facilitazione rappresentano oggi una componente fondamentale della leadership moderna. Il report “Future of Jobs” del World Economic Forum ha identificato la facilitazione e la gestione della collaborazione tra le competenze chiave per i leader del futuro.
Esempi virtuosi di innovazione partecipativa in azienda
Realtà come Google, hanno creato programmi di “Innovation Labs”, con facilitatori interni che guidano sessioni di Design Thinking e workshop di innovazione per tutti i team dell’azienda.
IBM ha sviluppato programmi interni di certificazione per facilitatori, creando reti di “innovation champions” che fungono da catalizzatori del cambiamento e supportano l’adozione di pratiche collaborative in tutta l’organizzazione.
Procter & Gamble ha creato degli “Innovation Gym” con facilitatori interni dedicati che guidano sessioni di innovazione collaborativa e problem solving creativo, mentre Siemens ha sviluppato una comunità interna di “Siemens Design Thinking Coaches” che supportano progetti di trasformazione in tutte le business unit.
Un altro esempio significativo è rappresentato dal gruppo Michelin con il suo modello di “entreprise responsabilisante” (azienda responsabilizzante), un approccio che mira a trasformare la cultura aziendale dando maggiore autonomia e responsabilità ai team. In questo modello, sono direttamente i manager che invece di imporre soluzioni dall’alto, evolvono verso un ruolo di manager-facilitatori, capaci di supportare i team nell’autogestione e nella risoluzione collaborativa dei problemi.
Il ruolo dell’HR nella gestione dell’innovazione partecipativa
I dipartimenti HR giocano un ruolo fondamentale nell’abilitare e sostenere l’innovazione partecipativa, posizionandosi come partner strategici nel processo di trasformazione organizzativa. Ben oltre le tradizionali funzioni amministrative, l’HR contemporaneo diventa architetto della cultura innovativa e catalizzatore del cambiamento.
Sviluppo di una cultura dell’innovazione
La funzione HR puo influenzare e modellare la cultura organizzativa attraverso diverse dimensioni di intervento.
Innanzitutto, l’HR può guidare l’identificazione e la rimozione delle barriere culturali all’innovazione, come gerarchie rigide, silos organizzativi o sistemi di performance management che scoraggiano la sperimentazione. Attraverso assessment culturali e analisi del clima organizzativo, può evidenziare gli elementi che ostacolano o facilitano i processi partecipativi.
La creazione di programmi di formazione sull’innovation mindset rappresenta un altro contributo fondamentale. Questi percorsi non si limitano a insegnare tecniche creative, ma mirano a sviluppare un vero e proprio modo di pensare caratterizzato da curiosità, apertura al cambiamento, tolleranza dell’ambiguità e resilienza di fronte ai fallimenti. I programmi più efficaci integrano l’apprendimento esperienziale con applicazioni pratiche a progetti reali.
La trasformazione culturale richiede anche sistemi di riconoscimento coerenti con i valori dell’innovazione partecipativa. L’HR può riprogettare i meccanismi di reward per valorizzare comportamenti come la collaborazione cross-funzionale, la condivisione di conoscenze, il pensiero creativo e l’iniziativa. Questo può includere riconoscimenti non monetari, celebrazioni pubbliche di successi innovativi o considerazione esplicita dei contributi all’innovazione nei percorsi di carriera.
Infine, l’HR può contribuire alla creazione di spazi che favoriscano la collaborazione. La progettazione degli ambienti di lavoro, sia fisici che digitali, influenza profondamente le modalità di interazione e può facilitare o ostacolare l’innovazione partecipativa. Spazi flessibili, aree di co-working, piattaforme di collaborazione digitale e strumenti per l’innovazione distribuita sono elementi importanti dell’infrastruttura partecipativa.
Gestione del talento orientata all’innovazione
L’innovazione partecipativa richiede un approccio alla gestione del talento che riconosca e valorizzi le competenze creative e collaborative. Questo si traduce in una trasformazione dei processi di talent management lungo l’intero ciclo di vita dei collaboratori nell’organizzazione.
I processi di ricerca e selezione possono essere arricchiti per identificare non solo competenze tecniche, ma anche attitudini come la curiosità intellettuale, la flessibilità cognitiva, la collaboratività e il coraggio creativo. Tecniche di selezione basate su simulazioni, assessment di gruppo o challenge creativi permettono di valutare queste dimensioni che spesso non emergono dai tradizionali colloqui.
Lo sviluppo professionale nell’era dell’innovazione partecipativa va ripensato per includere percorsi di carriera non esclusivamente verticali, ma che valorizzino anche la crescita orizzontale e diagonale. Le organizzazioni più innovative stanno sperimentando ruoli come “innovation catalyst” o “collaboration champion” che permettono ai talenti di esprimere il proprio potenziale creativo e collaborativo.
Programmi di mentoring e coaching offrono supporto personalizzato ai change agent, creando spazi sicuri dove sperimentare nuovi approcci, riflettere sulle esperienze e accelerare l’apprendimento. Particolarmente efficaci sono i programmi di reverse mentoring, dove membri junior dello staff condividono prospettive fresche con colleghi più senior.
Anche i sistemi di valutazione delle performance evolvono per riconoscere e valorizzare i contributi all’innovazione. Questo significa includere KPI legati alla generazione e implementazione di idee, alla collaborazione cross-funzionale e alla partecipazione a iniziative di innovazione, oltre ai tradizionali indicatori di performance.
Promozione del cambiamento organizzativo da parte dell’HR
L’HR può fungere da catalizzatore del cambiamento verso modelli più partecipativi, supportando l’organizzazione nel percorso di trasformazione. Questo ruolo si esplica in diverse dimensioni.
Il supporto alla leadership nella transizione verso stili di management più collaborativi è un contributo cruciale. Attraverso formazione, coaching e feedback, l’HR può aiutare i leader a sviluppare le competenze necessarie per facilitare l’innovazione partecipativa, come l’ascolto attivo, la gestione costruttiva del dissenso e la capacità di creare ambienti psicologicamente sicuri.
L’HR può anche facilitare la creazione di team interfunzionali, superando i tradizionali silos organizzativi. Questo include lo sviluppo di linee guida per la formazione dei team, la definizione di processi per la gestione di progetti cross-funzionali e il supporto alla risoluzione dei conflitti che inevitabilmente emergono in contesti di alta diversità.
La riprogettazione dei processi decisionali per favorire un maggiore coinvolgimento rappresenta un altro ambito di intervento strategico. L’HR può supportare l’identificazione di quali decisioni possono beneficiare di approcci partecipativi e quali invece richiedono processi più centralizzati, sviluppando framework decisionali chiari e adeguati ai diversi contesti.
Infine, l’implementazione di programmi di change management che affrontino le resistenze è fondamentale per il successo dell’innovazione partecipativa. L’HR può mappare gli stakeholder, anticipare possibili resistenze e sviluppare strategie per affrontarle, riconoscendo che il cambiamento è tanto emotivo quanto razionale.
Come evidenziato da Bersin, “l’HR non è più solo un partner di business, ma un architetto dell’esperienza lavorativa”. Nell’era dell’innovazione partecipativa, questa evoluzione si traduce in un ruolo proattivo nel disegnare ecosistemi organizzativi dove la collaborazione e la creatività collettiva possano fiorire.
Employee engagement e innovazione partecipativa: vantaggi e competenze
L’innovazione partecipativa non è solo uno strumento per sviluppare nuovi prodotti o servizi, ma ha un impatto profondo sulla employee experience, influenzando motivazione, engagement e sviluppo professionale.
Giovani talenti ideano soluzioni insieme in un contesto collaborativo durante un workshop Playnbe.
Impatto sull’engagement e sulla motivazione
Quando i collaboratori sentono di poter contribuire attivamente al futuro dell’organizzazione, si verifica un significativo aumento dell’engagement. Questo avviene perché l’innovazione partecipativa risponde a bisogni fondamentali delle persone nel contesto lavorativo.
Si rafforza innanzitutto il senso di appartenenza e la connessione emotiva con l’azienda. Partecipare a processi di co-creazione permette alle persone di vedere riflessi i propri contributi nel futuro dell’organizzazione, creando un legame più profondo con i suoi obiettivi e valori.
L’innovazione partecipativa risponde anche al bisogno fondamentale di autonomia e autodeterminazione, che secondo la teoria dell’autodeterminazione di Deci e Ryan è un driver chiave della motivazione intrinseca. Avere voce in capitolo nelle decisioni che influenzano il proprio lavoro alimenta il senso di agency e controllo.
Si crea inoltre un ambiente dove le persone si sentono valorizzate per i loro contributi unici. Riconoscere che ciascuno, indipendentemente dal ruolo o dall’anzianità, può portare prospettive preziose contribuisce a costruire una cultura di rispetto e apprezzamento reciproco.
Infine, l’innovazione partecipativa costruisce una cultura basata sulla fiducia e sul riconoscimento reciproco. La disponibilità dell’organizzazione ad ascoltare e implementare le idee dei collaboratori comunica fiducia nelle loro capacità e nel loro giudizio.
Lo studio “State of the Global Workplace” di Gallup ha evidenziato come le organizzazioni con un approccio partecipativo registrino livelli di engagement significativamente superiori rispetto alle organizzazioni tradizionali, con impatti tangibili sulla produttività, sulla retention e sulla soddisfazione dei clienti.
Sviluppo di competenze trasversali
I processi di innovazione partecipativa fungono da veri e propri acceleratori di apprendimento, consentendo alle persone di sviluppare competenze sempre più richieste nel contesto lavorativo attuale.
Il pensiero critico e il problem solving creativo vengono esercitati costantemente nei processi di co-creazione, dove le persone sono chiamate ad analizzare situazioni complesse, identificare opportunità e generare soluzioni innovative.
La collaborazione efficace in team interfunzionali diventa una competenza praticata quotidianamente, con l’opportunità di lavorare con colleghi di diverse aree e livelli, sviluppando capacità di comunicazione cross-funzionale e gestione delle diversità.
La capacità di gestire l’ambiguità e la complessità si rafforza attraverso l’esposizione a sfide non strutturate che richiedono di navigare l’incertezza e adattarsi a informazioni e condizioni in evoluzione.
L’intelligenza emotiva e le competenze comunicative si sviluppano attraverso le interazioni continue in contesti collaborativi, dove l’ascolto attivo, l’empatia e la comunicazione efficace sono fondamentali per il successo del gruppo.
Infine, l’adattabilità e l’apertura al cambiamento vengono alimentate dall’esperienza ripetuta di esplorare nuove idee, sperimentare approcci diversi e evolvere in risposta ai feedback.
Queste competenze non solo aumentano il valore professionale delle persone, ma contribuiscono a creare un’organizzazione più resiliente e adattativa, capace di rispondere efficacemente a un ambiente in rapida evoluzione.
Creazione di significato nel lavoro
Un elemento spesso trascurato dell’innovazione partecipativa è la sua capacità di infondere maggiore significato nell’esperienza lavorativa quotidiana. Quando le persone possono influenzare attivamente il proprio ambiente di lavoro e vedere l’impatto tangibile dei propri contributi, sperimentano un profondo senso di realizzazione.
Si crea innanzitutto un maggiore allineamento tra valori personali e organizzativi. I processi partecipativi permettono alle persone di esprimere e integrare i propri valori nel lavoro quotidiano, riducendo la dissonanza cognitiva che può derivare da un disallineamento valoriale.
Le persone percepiscono anche una più chiara connessione tra il proprio lavoro e gli obiettivi aziendali più ampi. Comprendere come il proprio contributo si inserisce nel quadro generale alimenta la percezione di rilevanza e impatto.
Si sviluppa inoltre un senso più forte di realizzazione professionale. Vedere le proprie idee prendere vita e generare valore tangibile per l’organizzazione e i suoi clienti soddisfa il bisogno fondamentale di competenza e achievement.
Infine, le persone sperimentano una percezione di crescita e sviluppo continuo attraverso l’esposizione a nuove sfide, prospettive diverse e feedback costante.
Qualche esempio d’innovazione partecipativa con Playnbe
La mission di Playnbe è di facilitare il cambiamento organizzativo attraverso lo sviluppo di competenze e approcci di innovazione partecipativa. Siamo convinti che il cambiamento si realizzi nell’azione e mettendo le persone al centro dei processi d’innovazione sociale e organizzativa, attraverso lo sviluppo delle competenze di intelligenza collettiva, empowerment e creatività di gruppo.
Da oramai diversi anni portiamo processi come il Creative Problem Solving e il Design Thinking e le pratiche di facilitazione nelle organizzazioni.
Ad esempio, all’interno di Ruthmann Italia, abbiamo sviluppato dei moduli di formazione agli approcci collaborativi e al Creative Problem Solving, direttamente applicati al miglioramento della sinergia cross-funzionale. Integrandoli a formazioni sulla comunicazione assertiva, questo programma ha permesso in 6 mesi di migliorare la chiarezza nelle interazioni del quotidiano, rinforzando fiducia e coesione fra dipartimenti, con un conseguente miglioramento della performance operativa fra dipartimenti. Non solo, ma creando un meccanismo virtuoso di mentoring interno, le persone coinvolte hanno a loro volta formato i colleghi, creando una learning community che è diventata promotrice del cambiamento culturale nell’organizzazione.
Presso RCS Global, azienda del settore minerario, abbiamo applicato il Design Thinking al miglioramento del lavoro di squadra per team da remoto, con distanze fisiche e culturali. Oltre allo sviluppo di soluzioni concrete per favorire la conoscenza reciproca e il senso di appartenenza al team, in una sola giornata di workshop, il processo d’innovazione partecipativa ha permesso alle persone di favorire l’aiuto reciproco di fronte alle difficoltà e di svelare talenti nascosti di problem solving, su cui appoggiarsi anche nelle sfide del quotidiano.
Presso Lamborghini, abbiamo sviluppato un programma di formazione alla facilitazione, rivolta al team di formatori interni, in una logica di ‘facilitation community’che ha fatto evolvere i processi di formazione degli operatori verso approccio esperienziali, accelerando e migliorando l’apprendimento sul campo.
Infine, presso Michelin Italiana, stiamo usando il Design Thinking e l’intelligenza collettiva per aiutare dei gruppi pilota di manager e operatori a migliorare alcuni aspetti chiave dell’employee experience in stabilimento. Ma di questo ne parleremo in modo più approfondito in un altro articolo dedicato.
Una sessione di facilitazione aziendale con mattoncini LEGO per stimolare il pensiero sistemico..
Conclusione: verso organizzazioni partecipative e adattative
L’innovazione partecipativa rappresenta molto più di una metodologia: è un cambio di paradigma che ridefinisce il modo in cui le organizzazioni creano valore e si relazionano con le persone al loro interno.
In un mondo caratterizzato da complessità crescente, volatilità e cambiamenti rapidi, le organizzazioni che sapranno coinvolgere attivamente le persone nei processi di innovazione non solo svilupperanno soluzioni migliori, ma costruiranno ecosistemi organizzativi più resilienti, adattativi e capaci di prosperare nell’incertezza.
Come sottolineato dall’economista W. Brian Arthur, “la tecnologia crea possibilità, ma sono le persone che creano il futuro”. L’innovazione partecipativa ci ricorda che il vero vantaggio competitivo delle organizzazioni risiede nella capacità di liberare e orchestrare l’intelligenza collettiva delle persone che ne fanno parte.
Questo articolo fa parte di una serie dedicata alle metodologie innovative per il people empowerment e la trasformazione organizzativa. Playnbe accompagna CEO, HR e manager nell’adozione di pratiche collaborative e inclusive. Scopri i nostri programmi di facilitazione su misura, contattaci per una consulenza personalizzata.
Riferimenti bibliografici essenziali
L’essenza dell’innovazione partecipativa in azienda
- Surowiecki, J. (2004). The Wisdom of Crowds. Doubleday.
Metodologie e tecniche di innovazione partecipativa
- Sanders, E. B. N., & Stappers, P. J. (2008). Co-creation and the new landscapes of design. CoDesign, 4(1), 5-18.
- Deserti, A., Rizzo, F., & Smallman, M. (2020). Experimenting with co-design in STI policy making. Policy Design and Practice, 3(2), 135-149. [Progetto SISCODE]
La facilitazione come elemento chiave
- Kaner, S. (2014). Facilitator’s Guide to Participatory Decision-Making (3rd ed.). Jossey-Bass.
- International Association of Facilitators. (2019). The Value of Facilitation in Organizational Settings. IAF Global.
Il ruolo dell’HR e l’esperienza dei dipendenti
- Bersin, J. (2017). The future of HR: From gatekeeper to orchestrator. Harvard Business Review.
- Ryan, R. M., & Deci, E. L. (2000). Self-determination theory and the facilitation of intrinsic motivation. American Psychologist, 55(1), 68-78.
- Gallup. (2021). State of the Global Workplace. Gallup Press.
Implementazione e risultati
Boston Consulting Group. (2018). The Most Innovative Companies 2018. BCG Innovation Report.